Questa tradizione, la stessa eredità dell'insegnamento e dell'esempio paterno potevano non bastare quando, appunto nel 1984, Peppino Ascorti se ne andava improvvisamente e prematuramente lasciando tutto sulle spalle dei due figli. Il contraccolpo della perdita avrebbe dovuto determinare qualche smarrimento, una stasi, uno sbandamento. E invece è venuta fuori la grinta dei due giovani, quasi rabbiosa, con un attivismo che sembrava voler colmare il vuoto doloroso. Non c'è stata sosta, sulle già solide basi produttive si sono anzi subito innestate soluzioni fresche e innovative. Oggi le pipe con il bel marchio della A slanciata sono sempre Ascorti ma non sono più "quelle di Peppino".
Grinta, arricchimento e affinamento costanti del prodotto, disponibilità e approccio più aperto verso le varie componenti del mondo della pipa, sono le caratteristiche più evidenti del nuovo corso Ascorti. Un nuovo corso che non rinnega nulla della tradizione, ma la reinterpreta con l'occhio attento al mutar dei gusti, però senza forzature, senza l'esasperata caccia al nuovo a tutti i costi, solo per la smania di rompere con il passato o di far colpo.
È questione di qualche tocco, per esempio una piccola ghiera d'avorio sul cannello, per esempio l'accorto impiego dello stesso avorio abbinato all'argento nello spigot. Ancora l'uso, sempre contenuto, di pietre dure e legni esotici, della stessa radica a fini decorativi. E poi, naturalmente, il più impegnativo rinnovo dei modelli, delle linee, delle finiture.
Come i due Ascorti, anche alcuni loro collaboratori sono "figli d'arte" e tutti lavorano a contatto di gomito nel laboratorio con poche macchine ingegnosamente "reinventate" e molto tirar di lima. Ognuno ha la sua speciale attitudine artigianale, ma sono piuttosto intercambiabili, come del resto i compiti che si sono attribuiti i due fratelli. Rusticatura, quando c'è, interamente manuale, con originale gioco di ombre ottenuto con il sapiente uso della sgorbia.