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Sua Maestà 3

13 gennaio 2023

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Sigareide

 

Un sigaro non si tiene sempre in bocca, ma anche in mano, tra pollice e indice (tra indice e medio si tiene la sigaretta). Quando è in bocca, lo si tiene con le labbra, non lo si fa “viaggiare” da un angolo all’altro, non lo si mastica, non gli si avvicina la lingua. Occorre tenere l’estremità che sta in bocca più secca possibile. Lo spettacolo di una testa di sigaro umida e masticata non è edificante. Inutile ribadire che il fumo del sigaro non si aspira: lo si gusta in bocca, tra palato e naso. Le mucose della bocca non assorbono i residui della combustione come le mucose dei bronchi. Il tabacco in foglie del sigaro è meno carico di nicotina di quello che si trova nelle sigarette. Per non parlare dei vari additivi chimici in esse contenuti. Insomma, è meno nocivo di queste, considerando inoltre che non ci sono le conseguenze della combustione della carta.

La prima metà del sigaro è la migliore, i grandi fumatori di avana non vanno mai oltre i due terzi, quando il fumo diventa sempre più forte, più carico. Sostengono che chi preferisce l’ultimo terzo è un ciccatore, non un fumatore. Nessuna tragedia se il sigaro si spegne. Si riaccende subito. La riaccensione del sigaro si fa tenendolo fra le dita, presentandolo alla fiamma, girandolo; il tutto per due o tre secondi. Il sigaro riparte da solo.

L’anello (o anilla) si toglie oppure no dai sigari prima di fumare? L’anello ha – o potrebbe avere – tre funzioni: tenere aderente la fascia in caso che ceda la gomma che ne fissa le estremità; proteggere le dita del fumatore da un eventuale deposito di nicotina; distinguere la marca. Gli esperti consigliano di toglierlo, con delicatezza, poco dopo l’accensione, ma non c’è niente di male a lasciarlo.

Quanto alla cenere, nei sigari di qualità deve essere grigio-acciaio, a volte con riflessi azzurrini. C’è il vezzo o la superstizione di non farla cadere, e certamente non è consigliabile scuotere continuamente il sigaro come si fa con la sigaretta. Tuttavia la cenere contribuisce ad uniformare il tiraggio e la combustione, quindi è meglio lasciare che si stacchi spontaneamente, sotto l’azione del proprio peso; e che ci sia a portata un posacenere. Infine, è assolutamente inutile spegnere il sigaro schiacciandolo sul posacenere: l’odore del sigaro spento in questo modo non è precisamente dei più gradevoli: esso deve giungere a “morte naturale”, possibilmente ai due terzi, come detto.

Davidoff ha scritto che fumare il sigaro con il bocchino e come bere un grande vino con la cannuccia. Ognuno si regoli. E’ un fatto, però, che verso la metà dell’Ottocento scoppiò la voga dei bocchini e alcuni furono pregevoli per fattura artistica: se ne fecero di ambra, di schiuma, di porcellana, di legno, d’argento, di cristallo, d’osso. Ha anche scritto che il piacere del sigaro precede la sua accensione e dura più a lungo di lui. Raccomanda perciò di assaporarlo per un po’, di non cancellarlo neppure accendendo subito un altro sigaro – e meno che mai una sigaretta! Al massimo, dice, si può “sciacquare” la bocca con caffè, tè o alcool. Tutto ciò – lo ripetiamo – vale particolarmente per i sigari “importanti”.

E’ il caso di concludere avvertendo che un avana, per esempio, non si può piegare alle momentanee esigenze del fumatore, siano anche solo il muoversi, il camminare. E’ un sigaro che dà, ma pretende. Gli si deve consacrare un momento della vita, che l’avana occupa interamente e arricchisce. E comunque, l’importante è crederci, secondo la saggezza che consiglia di prendere sul serio le cose frivole e viceversa.

Qui è meglio fermarsi perché se potesse sentici Davidoff definire frivolo un sigaro, il minimo che ci potrebbe capitare sarebbe una divina scomunica.

 

Smoking numero 2 anno settimo, 1981.                                                                                                        (Segue)

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