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Habana. Il mito e la storia 4

lug 27, 2023

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HABANA 



L’avana, ormai vestito di gala, faceva furore. In Europa aveva conquistato la buona società: lo fumavano Napoleone III e il cancelliere Bismark, la scrittrice George Sand e il grande pianista e compositore Franz Liszt. Nasce il fumoir, una stanza speciale dove, dopo pranzo, ci si reca per bere caffè e liquori e fumare tranquillamente i sigari. Ai fumatori si riservano scompartimenti speciali sui treni, per loro si fanno speciali concerti. Anche in Inghilterra, malgrado l’insofferenza della buona regina Vittoria che proibisce il fumo a corte, moltissimi fumano il sigaro. A cominciare dal principe di Galles, che diventerà re solo a sessant’anni suonati col nome di Edoardo VII. Alla morte della vecchia mamma, egli inaugura la prima seduta del gabinetto dei ministri dicendo: Signori, ora potete fumare.

E’ l’epoca d’oro dell’avana e coincide con quella che noi conosciamo come belle époque. La prima guerra mondiale farà sorgere un mondo nuovo; un mondo ti tensioni e di rivoluzioni, di angosce e di sofferenze e diminuirà il consumo del sigaro a favore delle nevrotiche sigarette. Ma l’avana non perde l’affetto dei conoscitori fino alla nuova cauta espansione dei temi più recenti. 

Anche negli Stati Uniti, alla fine dell’800, c’è un grande interesse per i sigari cubani ma il consumo è frenato da pesanti tasse che colpiscono tutto ciò che arriva dalle colonie spagnole. Fra la Spagna e gli USA non corre buon sangue. A Cuba i patrioti vogliono l’indipendenza e i lavoratori del sigaro sono in prima fila nella lotta. Dopo le sommosse interne scoppia la guerra. L’impero spagnolo da tempo non è più quello di Filippo II e non può reggere il confronto con il giovane gigante nordamericano.

Nel 1901 Cuba conquista l’indipendenza ma è troppo piccola e troppo vicina alla Florida per non subire pesantemente l’influenza degli Stati Uniti. Nell’isola affluiscono capitali e imprese dal nord. I governanti cubani sono una serie di fantocci inchinati al volere del potente vicino. L’Avana del ‘900 è vivace, chiassosa, sporca e povera. Ma c’è una fetta di città ormai piena di alberghi di lusso e di casinò riservati agli statunitensi: magnati, mafiosi e divi del cinema. I cubani sembravano una massa di bambini un po’ capricciosi e irresponsabili, dalla rassegnata indolenza della gente, alla corruzione dei politici. I grandi trusts facevano affari importando da Cuba zucchero e caffè. Anche alcune delle più grandi compagnie che producevano tabacco erano nordamericane, come la Cuban Land and Leaf Tobacco Company che aveva nell’isola circa tremila dipendenti. Fino agli anni ’50 del ‘900 all’Avana esistevano un migliaio di fabbriche di sigari, di cui molte piccolissime. Ma alcune erano diventate famose in tutto il mondo: Montecristo, Romeo y Julieta, Punch e Menendez Garcia, la più grande.

Bastò un centinaio di giovanotti guidati da Fidel Castro per far crollare il sistema come un castello di carte: nel 1959 presero il potere i “barbudos” rivoluzionari. Le società che erano di proprietà di stranieri furono in pratica sbattute fuori; fra queste, nel campo dei sigari, c’erano sei delle ditte più importanti: Bock, La Corona, Cabanas, Villar y Villar, Murias, Henry Clay. Dopo vari ricorsi alla Corte dell’Aja, impiantarono la loro attività in altri luoghi, nei Caraibi o in Florida, ma con risultati assai deludenti. Le marche che erano proprietà di cubani furono nazionalizzate. L’intenzione dichiarata era quella di produrre un solo tipo di sigaro, in due o tre formati, che andasse bene per il popolo, per tutti i popoli. Per fortuna ci fu chi ebbe l’occhio più lungo di Castro, dal punto di vista economico, e la rivoluzione fece marcia indietro: questi fu Ernesto “Che” Guevara, allora Ministro dell’Economia, che la spuntò su Castro nel mantenere quell’elemento che faceva parte dell’iconografia santificata di ogni rivoluzionario cubano, ossia il sigaro nella sua grande varietà di marche e formati che avevano reso l’isola famosa in tutto il mondo.

Negli anni successivi si recepirono suggerimenti e consigli che venivano da esperti europei e si fondarono due nuove marche: Davidoff e Dunhill dedicate ai celebri personaggi di Ginevra e Londra. Questi poi, per diversi motivi, lasciarono Cuba impiantando le loro produzioni altrove. Ma Cubatabaco (il monopolio cubano del tabacco) sfornò la sua nuova punta di diamante, il Cohiba (il nome che gli indigeni precolombiani davano al tabacco). La nuova azienda diventò poi Habanos SA. 

Ma questa non è più storia perché siamo ai nostri giorni, con altre nuove marche.


Smoking  numero 3 anno quindicesimo , 1989                               Fine.


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