LA PREZIOSA
E’ d’improvviso giorno. Abituata all’oscurità di un cassetto “particolare” (ha una piccola chiave d’ottone, ornata di una nappina color cardinale), torno a vivere tra gli uomini, come periodicamente mi capita. Intorno a me le voci sono basse. C’è quasi un sussurrio tra il mio padrone e quello che vorrebbe diventarlo. Se vivo in quel cassetto “particolare” è perché – non è sicumera la mia – sono veramente bella.
Le fiammature abbracciano come serici capelli tutto il mio corpo. Bella, dicevo, e buona! Aggiungo. Ho un nome importante. Di quelli che rendono famosa una famiglia in tutto il mondo. Come mi chiamo? Non posso dirlo per ragioni di riservatezza e perché non mi piace – o, forse, non posso – farmi pubblicità. Sono comunque nata nel triangolo d’oro: quello che unisce al magico filo della tradizione le terre di Albione, di Amleto e di Michelangelo. Avrei potuto dire Dante, ma sento un amore struggente, quasi un’affinità elettiva per il Buonarroti. Nei lunghi giorni di quiete e di sonno nel mio cassetto “particolare”, ho spesso fantasticato sulle forme che avrebbe saputo darmi, rendendomi immortale. Già, i sogni.
A proposito, davanti a me, quel signore ne sta facendo uno ad occhi aperti. Sento, e so, che ho fatto colpo. Lui già mi pensa nelle sue mani e fra i suoi denti. Lo sguardo è inequivocabile. Non ha, però, ancora il coraggio di prendermi. E’ in corso una piccola, ma gioiosa, guerra psicologica fra lui e il mio padrone. E’ chiaro che vuol conoscere prima il prezzo. E sì, perché nelle mie storie “d’amore” c’è, purtroppo, un prezzo di mezzo. Ne soffro, ma mi consolo pensando che qualche volta capita anche fra gli uomini. Ecco! Ora glielo ha detto. Lui, per un momento, non reagisce. Sta cercando qualche battuta che giustifichi a se stesso una decisione che non sa prendere. Poi, non molto convinto, dice: “certo è un bel pezzo (sentitelo, mi chiama pezzo!), però mi sembra una follia spendere una cifra così per… E poi, in fondo, qui ce ne sono altre altrettanto buone e che costano la metà e anche meno”. Il mio padrone non batte ciglio. Non risponde. Si limita a guardarlo con l’espressione del torero che sa di poter affondare quando vuole la sua spada fra le spalle del miura. Intanto, lui, finalmente, mi ha preso. Mi guarda, anzi mi scruta, mi carezza, mi stringe, mi palpeggia. Pochi attimi e mi ha già conquistata. Ha le mani esperte – dolci e insieme forti – di chi sa trattare. Niente a che vedere con quel lui, di alcuni giorni fa. Avevo subito capito che mi avrebbe voluta solo per esibizionismo.
Poi, inattesa, la doccia fredda. “Ma in fondo è un pezzo di radica come tanti altri”, dice improvvisamente. E no! Caro il signor Lui… Questo non avresti mai dovuto dirlo. Se io appartengo al genere delle radiche (o meglio delle eriche), tu appartieni a quello degli uomini, ma non ti sognare nemmeno – vorrei potergli urlare – di essere bello come Gregory Peck. Ma ci pensate che figura farei tra le sue labbra. Sembrerei ancora più affascinante di quanto non sia. L’ira, però, evapora velocemente sotto il calore delle sue mani sul mio corpo. Finalmente interviene il mio padrone: “Sarebbe veramente sciocco farsi sfuggire un pezzo così (e già, anche lui mi chiama pezzo). E poi il prezzo non è mai un problema…”. Sento che lui sta per cedere. Bisbiglia qualcosa, poi sorride, e mi stringe più forte. Ora so che sarò sua.
Smoking numero 1 anno undicesimo, 1985