0



Layout del blog

Accendino

10 gennaio 2022

This is a subtitle for your new post

Il primo accendino della storia è la cosiddetta lampada di Döbereiner, inventata nel 1823 dal chimico tedesco Johann Wolfgang Döbereiner. La lampada era basata sul principio della lampada di Fürstenberger, inventata da Johannes Fürstenberger, ed entrò in produzione nel 1880. Nel contenitore, lo zinco reagiva con l’acido solforico e produceva idrogeno gassoso. Successivamente, all’apertura di una valvola, un getto di idrogeno veniva rilasciato generando una fiamma. L’accensione era catalizzata da un filamento di platino.

Rispetto agli attuali accendini, differiva perciò per il combustibile (non butano o benzina ma idrogeno), per il meccanismo di accensione (non pietra focaia o scintilla piezoelettrica ma il costosissimo platino) e anche per le dimensioni. La lampada di D. era più che altro un accendino da tavolo, divenuto uno status symbol nell’alta società, che però non ebbe una grande diffusione tra i fumatori meno abbienti.

Il suo utilizzo non si diffuse fino a che non venne perfezionato l’accendino a pietra focaia. E’ a Carl von Welsbach (generalmente ricordato per aver inventato il filamento di osmio e tungsteno che sostituì quello fragile di carbone di Thomas Edison nelle lampadine), nel 1903, che si deve tale invenzione: le moderne pietrine per accendini vennero infatti inizialmente realizzate con il Mischmetal (“miscuglio metallico”) di sua ideazione. Il miscuglio piroforo conteneva il 50% di cerio, il 25% di lantanio, il 15 % di neodimio e il 10% di altre terre rare e di ferro. Per sfregamento, il miscuglio emetteva scintille metalliche ad alta temperatura, in grado di incendiare i gas idrocarburici. Già nel 1908 venivano prodotti accendini che potevano stare in tasca. Naturalmente l’uso del platino divenne obsoleto, era molto più semplice accendere con la pietra focaia uno stoppino che assorbiva il combustibile da un piccolo serbatoio. Lo sviluppo dell’accendino continuò nella prima guerra mondiale poiché i soldati usavano i fiammiferi per farsi luce o accendere sigarette, ma l’iniziale vampata dei fiammiferi era molto visibile e a molti costò la vita. Data la necessità di accendere senza vampata, gli inventori continuarono a lavorare e alla fine della guerra nel 1918 l’accendino era molto più evoluto. Poi negli anni ’20 – periodo dell’Art Deco – l’abitudine a fumare si diffuse rapidamente e l’accendino divenne un oggetto alla moda.

Gli accendini a pietra focaia si diffusero rapidamente, ma in sé restavano comunque un lusso. Negli anni ’30 George G. Blaisdell, partendo da un vecchio accendino austriaco, prima miglioro l’ergonomia dell’oggetto così che fosse comodo da tenere in mano, poi disegnò un riparo perforato per la fiamma che rese la fiamma resistente al vento, infine modificò il serbatoio combustibile e aggiunse un cardine così da avere l’apertura flip-top = piega-tappo: ecco nati gli Zippo, e l’azienda che da loro il nome (siamo nel 1932). La Ronson aveva già inventato per primo un accendino automatico alla fine degli anni ’20 ma non trova popolarità fino alla diffusione degli Zippo.

Il combustibile usato a quel tempo era una benzina oleosa derivata dal petrolio, per funzionare uno stoppino veniva acceso da un ruota di pietra focaia che faceva scintille su una punta di acciaio quando veniva fatta girare un un dito. Negli anni ’30 e ’40 arrivarono delle grandi innovazioni, ma non è chiaro a chi attribuirle: la Ronson cominciò a produrre accendini che usavano come combustibile il butano, che aveva alcuni vantaggi sulla benzina, come il fatto che la fiamma poteva essere regolata, non serviva più lo stoppino e l’odore era meno pungente. Ma gli accendini della Ronson si basavano ancora sulla pietra focaia: il passo successivo sarebbe stato trovare un modo di farli funzionare senza di essa, per evitarne la sostituzione (quando ancora si cercava un modo perché le cose durassero…). Negli anni precedenti si erano diffuse tecnologie basate sui cristalli piezoelettrici (in cui si genera una differenza di potenziale se sottoposti a deformazioni meccaniche, il che provoca una scintilla), e la Ronson di nuovo fu la prima far funzionare i suoi accendini a gas con una scintilla pizoelettrica.

Per quanto riguarda gli accendini, continuano a esistere le due tipologie, a pietra focaia o a generatore piezoelettrico, e si trovano in commercio sia ricaricabili (più curati e tecnologicamente migliori, prevalentemente in metallo, anche pregiato, e molto spesso da collezione) che usa e getta. Nel 1973 nacque infatti l’accendino Bic, grazie all’intraprendenza del barone Marcel Bich (imprenditore torinese, divenne francese attorno ai trent’anni) che per diversificare i suoi introiti comprò la Fluminaire nel 1971 (fabbrica francese di accendini) e dopo due anni di esperimenti lanciò un accendino a fiamma regolabile, resistente, economico e assicurato per tremila accensioni. 

Autore: Emiliano Fincato 29 settembre 2023
Sui sigari
Autore: Emiliano Fincato 14 settembre 2023
Sui sigari
Autore: Emiliano Fincato 30 agosto 2023
Sulla pipa
Autore: Emiliano Fincato 11 agosto 2023
Sulla pipa
Autore: Emiliano Fincato 5 agosto 2023
Sulla pipa..
Autore: Emiliano Fincato 27 luglio 2023
Sul sigaro
Autore: Emiliano Fincato 27 luglio 2023
Sul sigaro
Autore: Emiliano Fincato 18 luglio 2023
Sul sigaro
Autore: Emiliano Fincato 18 luglio 2023
Sul sigaro
Autore: Emiliano Fincato 27 giugno 2023
Sulla pipa
Altri post
Share by: