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Fiammifero e accendino

1 aprile 2023

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E’ NATO PRIMA IL FIAMMIFERO O L’ACCENDINO?



La risposta di slancio a questa domanda è “il fiammifero”. Sbagliato! E’ l’accendino. Questo infatti ha circa cinquemila anni di storia in più del fiammifero. Nella sua concezione più elementare (pietra focaia – acciarino – esca) l’accendino ha, anno più anno meno, seimila anni. Il fiammifero invece nasce alla fine del V secolo, di riflesso alle scoperte, sulla chimica, del fosforo. Probabilmente il primo fiammifero lo ha acceso l’aiutante del chimico Robert Boyle, tal Haukwitz che, sfregando scagliette di fosforo, incendiava degli stecchini impregnati di zolfo.

Il primo catalogo fu scritto da Stefano Bisconcini per le Edizioni San Gottardo, dall’eloquente titolo “Accendini”. La loro storia ha radici che affondano nella preistoria dell’uomo. Il fuoco, uno dei quattro elementi primordiali all’origine della vita, ha una parte fondamentale nell’evoluzione dell’essere umano, quando si consideri che i primi acciarini risalgono all’età del ferro che vide l’uomo alle prese con due pietre e un mucchietto di erba secca da incendiare.

Nell’opera citata ce n’è davvero per tutti i gusti: accendini a stoppino a gas, da trincea, con tematiche pubblicitarie, con fregi di alto valore artistico. Alcuni esemplari sono relativi ad esperienze di laboratorio, vale a dire che non sono mai stati commercializzati e sono serviti per esperimenti o dimostrazioni a livello accademico: come un prototipo che risale al secondo impero napoleonico e che si basa sull’azione chimica di una pila al bicromato, la cui reazione dava energia ad un filo di platino  che incendiava lo stoppino, alimentato dalla benzina contenuta in un flaconcino. Questo modello, prodotto in un centinaio di esemplari, è considerato il capostipite degli accendini da tavolo a pila.

Il Bisconcini cataloga 846 modelli di accendini, raggruppati per nazione di provenienza. In 339 pagine sono rappresentate 13 nazioni, una cinquantina di case produttrici, dalle artigianali alle industriali, 786 modelli illustrati in 265 tavole a colori e 585 in bianco e nero.

Il dottor Carl Auer von Welsbach, che diede un grosso impulso allo sviluppo tecnologico degli accensori, inventò l’accendino a pietrina ottenuta attraverso una lega di metalli terrosi con l’ulteriore aggiunta di altri metalli come il ferro (il nome del nuovo materiale era “ferrocerio”). Il nuovo accendino funzionava dando fuoco ad uno stoppino contenuto in una bacchetta d’acciaio a contatto con il serbatoio riempito di cotone imbevuto di benzina. Sfregando la pietrina sulla bacchetta si generavano le scintille che davano fuoco allo stoppino.

In breve, le fasi d’accensione passarono da manuali, a semiautomatiche, ad automatiche. Ossia il numero delle operazioni per ottenere la fiamma diventava sempre minore, fino al modello Ronson degli anni ’50 dove la pressione del dito provoca l’apertura-accensione-spegnimento.

Lo sviluppo dell’elettronica ha determinato la scoperta di nuovi sistemi di accensione e di combustione: il gas sostituisce la benzina; i piezoelettrici, gli elettromagnetici, gli elettronici diventano l’alternativa alla pietrina che comunque, grazie alla sua affidabilità, rimane ancora oggi uno dei sistemi più usati.

I criteri di stima di ogni pezzo sono molti: funzionalità, stato di conservazione, meccanica, estetica, anno e numero di fabbricazione, oltre naturalmente al valore affettivo che ogni collezionista pone su ogni pezzo e che esula da ogni logica di valutazione.

Nella storia dell’accendino made in Italy vanno ricordati gli accendini da trincea, ricavati dai nostri soldati dai bossoli dei proiettili. Ai nostri artigiani viene riconosciuto il merito di aver rivestito le meccaniche più sofisticate del mondo con casse intarsiate o pitturate a mano di raro valore artistico.

 

Smoking numero 4 anno decimo 1984.

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