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Acquerugiola

feb 13, 2023

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.ACQUERUGIOLA O CONDENSAZIONE

 

Cominciamo con il chiarire un equivoco comune: l’acquerugiola è una cosa, la saliva un’altra. Esattamente, è il liquido prodotto dalla condensazione del fumo sprigionato dalla combustione del tabacco. Le secrezioni ghiandolari non hanno quindi con essa niente a che vedere. Come prodotto di condensazione sottostà a principi fisici su cui non ci dilunghiamo tuttavia, dato per scontato che un cattivo ritmo di boccata ne è la causa principale, ci soffermeremo su tre casi: superficie interna del fornello – vale a dire malformazione della crosta; percorso forzato del fumo – e cioè pipe curve o irregolarità di percorso del fumo, ed infine sbalzi di temperatura – ossia filtri metallici o surriscaldamento da cattiva disposizione della carota di tabacco.

Dunque, più frequentemente, l’acquerugiola si forma nel tratto che il fumo percorre dal foro del fornello al dente del bocchino. In questi casi la pipata non è ancora compromessa: basta espellere le goccioline di liquido, chiudendo il camino con il palmo della mano e scuotendo energicamente la pipa verso terra (l’operazione è possibilmente da evitare su costosi drappeggi o su tappeti orientali o candide moquette). Ma è possibile anche servirsi di un fazzolettino di carta dove far colare la condensa con piccoli e naturali movimenti della pipa, battendovi graziosamente l’estremità del bocchino. Per quanto abbia tentato di indorare la pillola, queste operazioni sono sempre piuttosto imbarazzanti: può capitare di essere costretti a spiegare agli astanti che non si è intenti a raccogliere la saliva sputata nel bocchino e che tutto ciò fa parte del rituale della pipa. E non sempre si riesce ad essere convincenti. Meglio è adottare un lento ritmo di boccata, dopo aver caricato correttamente lo strumento.

Vi è un caso in cui l’acquerugiola si forma all’interno del fornello. Qui è più difficile raddrizzare la pipata perché il tabacco, assorbendo l’umidità, si impregna. Il guaio sta nella difficoltà, o nella cattiva abitudine di non fumare il tabacco fino in fondo e nella conseguente formazione della crosta solo nei ¾ superiori del fornello. A lungo andare, si finisce per formare una “vaschetta” alla base del camino, passando nella quale il fumo espandendosi condensa e, quel che è peggio, lo fa in un’area occupata dal tabacco. Il palliativo è infilare uno scovolino morbido (senza smontare il bocchino!) fino al fornello, sperando che questo assorba l’umidità: per qualche minuto non si sentirà più “la raganella cantare”, ma il sapore sarà irrimediabilmente compromesso. Il consiglio è fumare tutto il tabacco fino in fondo per ottenere uno sviluppo uniforme dell’incrostazione.

Il percorso forzato del fumo è strettamente connesso alla pipa curva. Qui la via è a forma di “S”, più o meno accentuata, e necessariamente si produce più condensazione. Quindi adotteremo maggiormente le note precauzioni del fumare lento e rotondo, seguendo la combustione del tabacco con un intervento più frequente e deciso del pigino.

L’ultimo punto, quello degli sbalzi di temperatura, ci porta innanzitutto ad eliminare quei pessimi filtri in metallo che sono sempre più freddi del flusso del fumo e che pertanto danno vita al fenomeno della condensazione. Il problema della temperatura riguarda più articolatamente la pressione a cui è sottoposta la carota di tabacco e quindi l’opera del pigino. Se la pressione è troppo leggera, per mantenere la pipa accesa si è costretti a tirare di più, surriscaldando il fumo e, di conseguenza, il legno della pipa. D’altro canto, se si pigia troppo, ugualmente si è portati a tirare di più surriscaldando il tabacco, il fumo, il legno e… condensando. Il surriscaldamento del legno ci rimanda a quelle pipe che hanno una struttura parietale del fornello piuttosto sottile, dove le corrette procedure di carica , tiraggio e pressione del pigino sono assolutamente indispensabili.

Non dimentichiamo che usare un tabacco troppo umido può direttamente “mandare in acqua il fumo”; come un tabacco troppo secco, bruciando più velocemente, può rendere il legno incandescente e quindi “fare acqua”.

Ricordiamo ancora che una radica poco stagionata, che quindi non ha avuto il tempo di espellere la propria umidità naturale, è condannata a completare il procedimento di essiccazione in bocca al povero fumatore. E i tempi sono molto lunghi, spesso si preferisce rinunciare.

Infine, una raccomandazione: la pulizia della pipa è fondamentale, anche per un fumo più asciutto!


Smoking numero 4 anno sesto, 1980 /// numero 2 anno decimo 1984.

 

 

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