Scriveva Luigi Barzini, noto corrispondente di guerra del “Corriere della Sera”, che durante il suo peregrinare al seguito delle truppe europee di occupazione in Cina, all’epoca della rivolta nazionalista dei Boxer, ciò che lo colpì di più oltre le stragi e alle distruzioni di quella guerra, fu l’impressionante numero di cicche che i reparti si lasciavano dietro.
Cicche e carte. Frammenti id lettere, pacchetti vuoti di sigarette e i resti di quei cilindretti di tabacco durati qualche minuto ma capaci di portare lontano i pensieri con volute di fumo così diverso da quello acre della battaglia.
Forse Barzini non sapeva che la sigaretta in fondo era il simbolo della guerra essendo nata con lei.
Accadde durante la campagna in Crimea (1853-1856), quando a qualcuno venne in mente di arrotolare in un pezzo di carta, forse una di quelle lettere ricevute da casa, il tabacco rimasto in fondo a una confezione di Navy-Cut, o a una foglia sbriciolata di tabacco turco.
Roger Fenton, il pioniere dei fotografi di guerra, immortalò la prima “ziharha”, come venne chiamato questo nuovo modo di fumare, fra le dita di un soldato zuavo.
Era come un battesimo. Sebbene la prima produzione industriale di sigarette la si fa risalire al 1843 alla manifattura di tabacchi francese, la diffusione iniziò in Europa appunto tra il 1855 e il 1870.
Fu Robert Gloag nel 1856 a fondare la prima fabbrica di sigarette.
Da questo momento quel cilindro di carta pian piano prese il posto delle ingombranti pipette d’argilla e di legno dei soldati di truppa seguendoli nelle loro campagne fino all’ultima guerra.
Potremmo leggere la storia di un secolo di guerre attraverso le decorazioni dei pacchetti di sigarette come sui nastrini di un generale.
In Germania, per fare un esempio, a tutto il 1900, sui 20000 marchi di sigarette registrati, figuravano tutta una serie di soggetti esotici, da Maometto alla regina di Saba, dal profilo sfumato della città di Medina alla Mecca, mentre si sprecarono minareti, moschee, califfi, sultani, sfingi e deserti.
L’epoca coloniale imprimeva i suoi simboli su questi pacchetti portati a ogni latitudine nelle giubbe e negli zaini dei soldati.
Turmac Brun, Faraone, Sulima Revue, Levante, Blume, Senoussi, RamsesII diventeranno i nomi di battagli adi sigarette nate insieme ai miti di “Beau Geste”, di “Casablanca”, dell’Orient Express, o dei racconti di Kipling e di Salgari.
La stessa tecnica lavorava poi alla diffusione sempre più massiccia della sigaretta entrata infine nei salotti bene e diventate distintivo di eleganza al punto che D’annunzio, conosciuto per la sua avversione al fumo, si mise a fumare più per sfizio che per vizio le Abdulla n 11 di una casa londinese.
Il marketing era dunque aiutato dalla tecnologia.
Nel 1878 le macchine Durand confezionavano una sigaretta al secondo. Nel 1881 la Bergerstrasser ne produrrà 3 mentre dal 1912 al 1922 si arrivò alle 7 della Bonsak e alle 10 della Excelsior.
Come si vede la sigaretta poteva raggiungere ovunque gli uomini per i quali era nata. Gli stessi stati maggiori, oltre ai produttori, s’accorsero subito dell’importanza psicologica delle sigarette sui combattenti.
Nel 1917 il generale americano Pershing, rispondendo alla domanda di un giornalista che gli chiedeva cosa occorresse per vincere la guerra in Europa tuonò:” …tanto tabacco quante pallottole!”
da Smoking 1985 di Vittorio di Cesare. Segue