LA SCELTA DELLA PIPA
La scelta di una pipa è un fatto impegnativo. Mettiamo da parte il discorso del prezzo che comporterebbe considerazioni svianti da ciò che è il nostro assunto. Diamo quindi per scontato che il neofita (ma non solo lui) acquisterà la pipa migliore che può permettersi.
Fra una pipa dritta ed una curva, consigliamo al nuovo pipatore senz’altro la prima perché più pratica, più asciutta, più facile da pulire. Più pratica perché più comoda da trasportare; più asciutta in quanto il fumo percorre un tragitto diretto dal fornello al foro del bocchino, al contrario della curva in cui, dovendo seguire la sinuosità delle sue parti interne, è più facile che condensi; più facile da pulire poiché non richiede, a chi è inesperto nel maneggio dello scovolino, le acrobatiche contorsioni cui obbliga la pipa curva.
Gli elementi di considerazione, in tema di scelta, possono essere così sistematicamente indicati: la forma, le dimensioni, il peso, la lavorazione. Tutto ciò però senza voler negare rilievo al fattore psicologico che sfugge a qualsiasi analisi tecnica.
Al primo elemento, la forma, abbiamo già accennato, ponendo l’accento sui pregi della pipa dritta. Ma ora rivolgiamoci anche agli “esperti” con cui possiamo concordare sui pregi di questa, osservando che se pure essa è più spigliata, più dinamica, più sportiva, la pipa curva è più bilanciata, pesa meno sui denti, dà un fumo più fresco, si concede anche al piacere del naso; è inoltre più indicata come strumento di meditazione, specie se accoccolati su una comoda poltrona. Esistono però, per gli eclettici, delle forme classiche che tendono a conciliare le varie esigenze: sono le semicurve, ad esempio Cornetta o Prince.
Il secondo elemento è quello delle dimensioni. La pipa corta è comoda perché poco ingombrante, è tascabile, simpatica ma un po’ più complessa a fumarsi: il percorso del fumo per arrivare alla bocca è breve e quindi, se non si fuma con circospezione, brucia la lingua. Per la pipa lunga valgono le considerazioni inverse: è scomoda, fa leva sui denti e quindi richiede il costante aiuto della mano; tuttavia il fumo arriva più fresco e pulito. Diverso problema è quello della capienza del fornello che è un fatto soggettivo.
L’elemento peso ha un risvolto assoluto e uno relativo. In senso assoluto, la radica ben stagionata è leggera in quanto ha espulso tutta l’umidità. In senso relativo, più pesante (e quindi più grossa) è una pipa e più richiesta è una forma curva che esercita una leva inferiore sui denti. Può essere quindi più comoda una pesante pipa curva che non una più leggera pipa dritta.
L’ultimo elemento riguarda la lavorazione, distinguendo fra pipa liscia da una parte e pipe sabbiate o rusticate dall’altra. Si sa, la pipa liscia è più preziosa, specie se naturale, ma sarà bene che il proselito non cominci ad abbandonarsi subito alla raffinatezza estetica del pezzo – altrimenti chissà poi dove arriverà! – e la sacrifichi a considerazioni di ordine pratico. La pipa sabbiata o rusticata è tecnicamente più facile da fumarsi: scalda meno poiché ha una superficie maggiore a contatto con l’aria (il principio è quello del radiatore) e quindi riduce notevolmente i problemi della radica che scotta, del fumo caldo che brucia la lingua, della conseguente e inevitabile formazione di acquerugiola. Inoltre, non è soggetta a graffi ed ammaccature a cui, è facile immaginarlo, va incontro chi si trova per le prime volte un oggetto estraneo fra le mani.
Insomma, giudicare la radica è molto difficile. Basterà evitare le pipe verniciate a lucido, poiché tali vernici tendono a mascherare le magagne del legno e ne impediscono la indispensabile traspirazione. Attenzione a non confonderle con le altre, quelle lucidate a cera, che si opacizzano fumandole e acquistano in pregio estetico.
Un ultimo sguardo al foro interno del fornello. Esso deve sfogare esattamente alla base del camino e deve essere perfettamente centrato. Pena l’irregolarità del tiraggio e della combustione.
Smoking, numero 4 anno quinto, 1979