Acquerugiola

ACQUERUGIOLA

Pioggia minuta e lenta…

L’umidità è parte essenziale del piacere di noi fumatori di pipa, sia come elemento voluto, sia come elemento indesiderato. Il tabacco troppo secco fuma rapido e caldo, troppo umido si spegne facilmente. Nella pipa, l’umidità del tabacco viene aspirata e si deposita sul fondo del fornello e nel cannello. Ad esse si aggiunge l’umidità dell’aria e quella che è il naturale risultato della condensazione. Quando ce n’è troppa, la pipa sfrigola, geme, gorgoglia. Qualche volta un liquido giallo-nerastro arriva alla bocca. Una parte di questa umidità evapora, una parte, catrame e oli di tabacco, penetra nei pori del legno del cannello, non difeso dal carbone. Così, col passare del tempo, la pipa diventa acida. Nessuna pipa può essere dolce, nessun fumo può dare un aroma pieno se deve viaggiare attraverso un cannello impregnato di vecchia umidità alla quale si è permesso di accumularsi.

La saliva contribuisce sensibilmente all’umidità. Come c’è chi morde di più o di meno, così c’è il fumatore che lascia passare molta saliva e quello che ha imparato a tenere la pipa in bocca a lungo senza lasciarne scendere. Dicono gli espertissimi che basta tenere la lingua sopra il foro del bocchino, naturalmente non nel momento in cui si aspira. La soluzione più ovvia, per chi soffre di questo inconveniente, è di tenere la pipa in mano più spesso che in bocca.

La più importante causa di acquerugiola è l’abitudine a tirare boccate troppo energiche e frequenti: questo determina eccesso di riscaldamento il quale a sua volta si traduce fatalmente in aumento di umidità.

Ci sono poi cause che risiedono nella stessa struttura della pipa. Se ci fosse un unico condotto uniforme e liscio dal focolaio alla bocca, il fumo arriverebbe piuttosto asciutto. Invece nelle nostre normali pipe, lungo il percorso, il fumo incontra strozzature, allargamenti, piccoli ostacoli, rugosità e altro che provoca mutamenti di velocità, compressioni, espansioni, condensazioni.

Infine, c’è la sentita esigenza del raffreddamento. Per raffreddare il fumo ci sono essenzialmente vari sistemi: filtrarlo attraverso l’acqua ed è il principio del narghilè, oppure attraverso vari tipi di filtri. Allungarne il percorso ed ecco i cannelli e i bocchini lunghi, o diabolici marchingegni, tubazioni, serpentine, radiatori. Oppure si può espandere il fumo nei cannelli, con camere di espansione più o meno grandi, dove il fumo si allarga bruscamente. Espandendosi si raffredda, ma per lo stesso processo fisico, forma umidità.

In alcuni modelli di pipe curve, l’allargamento è accentuato, la camera di espansione funziona anche da pozzetto in cui si raccoglie l’umidità. Siccome sono quasi sempre del tipo army mounted e il bocchino può essere tolto senza rischio anche a pipa calda, ecco lo spettacolo poco edificante di fumatori che, in corso di fumata, scuotono via il liquido nerastro dal cannello. C’è chi sopporta un po’ di acquerugiola pur di fumare fresco e c’è chi ficca un batuffolo di cotone idrofilo nel pozzetto, con vari inconvenienti che non sto ad illustrare e con l’inevitabile interrogativo: ma allora, perché ce l’hanno fatto il pozzetto?

Interrogativi analoghi sorgono anche per altri interventi dei fumatori. Lavorando di sgorbie e di lime, alcuni allargano il foro tra fornello e cannello, il foro che sta al fondo del perno del bocchino e così via. Non so quali risultati ottengano sull’umidità, è certo che raggiungono quello di snaturare e indebolire la struttura della pipa. Possibile che i fabbricanti, che fanno solo questo, che ci studiano, non abbiano pensato loro a certi interventi?

Per combattere l’umidità ci sono in commercio aggeggi vari, assorbenti – palline e dischetti di varia composizione – da mettere sul fondo del focolaio. Ogni fumatore “umido” ha il suo sistema, come quello di far passare uno scovolino lungo bocchino e cannello anche durante la fumata. Molti scelgono un tabacco dal taglio grosso non aromatico, o mettendo un po’ di secco (anche sigaro sbriciolato) sul fondo per poi riempire con il tabacco di normale uso.

Vari e divertenti i sistemi per asciugare la pipa. Dopo la fumata, lasciare la cenere nel focolaio, così assorbe. Fosse vero: non resta quasi mai la cenere soltanto e il resto del fondiglio aggraverebbe la situazione. Variante: lasciare la cenere, chiudere con il palmo della mano il fornello, scuotere energicamente e poi svuotare. Nella versione ottimistica la cenere asciuga e inoltre, depositandosi impalpabilmente sulle pareti del focolaio, favorisce la formazione della crosta.

I più energici e impazienti ricorrono al fuoco. Pipa riempita di tabacco, accesa e poi, invece di aspirare, soffiare fino a consumazione totale. Variante: togliere il bocchino, prendere in bocca il fornello e soffiare energicamente, sempre fino a consumazione totale (del tabacco, che avete capito, non della pipa). C’è anche la cura del forno: si, proprio un normale forno da cucina in cui far rosolare la pipa umida (senza bocchino). Dimenticavo di inserire il consiglio di un amico che mi ha espressamente incaricato di riferirlo: siccome – dice lui – l’acqua di condensazione nasce sempre dall’incontro tra caldo e freddo, non si deve accendere subito una pipa tenuta in una stanza non riscaldata, ma conviene intiepidirla un po’ nella mano. Ho riferito, ambasciator non porta pena... Il suggerimento del mio amico è comunque utile: ci ricorda che il fumo, quando incontra un filtro metallico di temperatura più bassa, condensa. E questo è un’altra causa di umidità in eccesso che possiamo risolvere non utilizzando il filtro.

Che il problema dell’umidità non sia nuovo, starebbe a provarlo il ritrovamento di una pipa eschimese quasi preistorica dotata di una specie di pozzetto o camera di condensazione. Molti avranno visto le pipe col tappo, il famoso, antico “salivino”: la “camera” è sul fondo del fornello e comunica con l’esterno attraverso un foro che è normalmente chiuso dal tappo.

Devo dire ancora che “mi stanno antipatici” tutti gli aggeggi che deformano e snaturano la bella, semplice, perfetta linea della pipa di radica? Le mie pipe non hanno serpentine, né radiatori, ne tappi, non uso ne carte assorbenti ne ammennicoli del genere, fumo le miscele che mi piacciono. Eppure l’umidità per me non è una tragedia, le mie pipe non sono bagnate, non fumano acre e non puzzano. Come ottengo questo risultato? Con il sistema più semplice e meno laborioso. Finito di fumare, svuoto la pipa (senza batterla e senza torturarla con oggetti appuntiti), soffio energicamente dentro il bocchino. Infine ci passo varie volte lo scovolino. Non lo lascio dentro, come alcuni fanno, perché penso che impedirebbe la circolazione dell’aria. Dopo queste rapide e semplici operazioni, metto la pipa a riposo e all’aria per qualche giorno. Quando prendo una pipa per fumare ci passo prima lo scovolino, lo conservo per i passaggi del dopo fumata, poi lo butto. Sono anche un risparmiatore, che bravo. In qualche caso, completo le operazioni passando un cartoccetto di carta sottile nel focolaio. Una passatina così, per eliminare residui dalle pareti e per assorbire l’umidità dal fondo. Per le pipe curve, che raccolgono più umidità, il solito scovolino dopo che è passato nel bocchino, lo si piega in due, lo si fa doppio, e lo si infila nel cannello fino a raggiungere l’allargamento, il punto dove si raccoglie l’umidità.

Tutto qui. L’acquerugiola non è un dramma. Ammetto di non essere un gran “salivatore”; ammetto di avere fortuna; ammetto pure, se volete, di non essere un gran tecnico raffinato. Il che non toglie che le mie pipate me le godo. E strilli in famiglia per il puzzo delle pipe non ne sento.
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